30-30 // DETROIT PISTONS : “THE BAD BOYS” 1989-1990.

19 Febbraio, 2015

“Bad boys, bad boys whatcha gonna do whatcha gonna do?
When they come for you.
Bad boys, bad boys whatcha gonna do whatcha gonna do?
When they come for you.”


3ef71aad-4a74-4f1f-ac96-0d66f4102676_lgNella testa di ogni giocatore NBA durante gli anni 89 e 90, quando affrontava i Detroit Pistons, per tutta la partita non potevano non risuonare le parole su citate (bad boys bad boys, cosa farai quando verranno da te?). Infatti i Detroit Pistons di quel periodo erano temuti da tutta la lega a causa della loro aggressività in campo, che gli aveva fatto ottenere il soprannome di Bad Boys – “Cattivi Ragazzi”. Dai falli, al loro  approccio la partita, non c’era parquet dell’NBA,non ce ne era uno dove non fossero temuti!. Le partite in casa si disputavano nel “the Palace” di Auburn Hills, nel Michigan, palazzetto inaugurato nel 1988, uno tra i più capienti e rumorosi d’America. Basti pensare mentre si attraversava Lapieer Road, la strada che collega la città di Detroit con il palazzetto, si sentiva facilmente la voce dello speaker accompagnata da più o meno 20.000, il grido : “Deee-troit! Basket-ball!!”, insomma non proprio il posto ideale dove giocare la vostra trasferta più tranquilla. Perdenti per tutti gli anni 70 e gran parte degli anni 80, la loro fortuna iniziò a cambiare quando riuscirono ad affiancare ad Isaiah Thomas, Bill Lambieer ,centro con trascorsi italiani a Brescia, Vinnie Johnson, tra l’85 e l’87 e giocatori di livello assoluto come Joe Dumars, Rick Mahorn, Dennis Rodman, John Salley e Adrian Duntley.dalyIn questi anni, essendo la nave passata da relitto a veliero, necessitò di un nuovo capitano, ecco dunque l’arrivo di Chuck Daly (allenatore anche del Dream Team delle Olimpiadi di Barcellona del 1992), datato 1983, capitano Nemo. Daly fu uno dei precursori della filosofia: “la difesa fa vincere le partite e non il bel gioco”, basti pensare che preparava per ogni partita una difesa differente su ogni giocatore di ogni squadra nella lega. Nel 1987 raggiungono le finali di conference perdendo la serie a gara 7 contro le leggende dei Boston Celtics. L’anno successivo si presentano ai play-off con l’orgoglio ferito e con l’innesto nel roster di James Edwards, riuscendo a vendicarsi nei confronti dei bianco verdi di Boston durante la finale di conference. La serie finisce 4-2, garantendo ai Pistons l’approdo in finale contro i Lakers di Magic, Kareem e Worthy. La serie è molto combattuta e i Pistons riescono a portarsi sul 3-2, grazie anche ad un Isaiah Thomas ispiratissimo ma, quando tutto sembra muovere l’anello in direzione di Auburn Hills, un fallo piuttosto dubbio fischiato su Abdul-jabbar cambia la serie.
In questa stessa gara 6 Thomas, con una caviglia slogata, mise a segno il record per l’NBA di 25 punti nello stesso quarto, ma non basta. I Lakers vincono l’anello, ma i Pistons sono oramai maturi e arrabbiati abbastanza per vincere. Oramai la “Road To The Finals” era spianata, non vi fu avversario capace di arrestare la corsa all’oro dei DP. Tra giocate spettacolari e “rough physical play” (gioco sporco), si guadagnarono l’appellativo di “The Bad Boys”. Nell’ordine vennero asfaltati con uno sweep, i Boston Celtics e i Milwaukee Bucks, mentre vinsero la serie con i Bulls per 4-2.
1106_largeIn finale non lasciarono alcuna speranza, con un 4-0, ai Lakers di Magic e Kareem, che dopo vent’anni nella NBA si ritirò.
Joe Dumars venne eletto MVP delle finals grazie a 27.3 punti per allacciata di scarpe. Nel 1990 arriva il back-to-back, questa volta ai danni dei Portland Trail Blazers di Clide Drexler, Terry Porter , Jerome Kersey e Drazen Petrovic. La finale si chiuse in gara 5, dopo che i Pistons avevano vinto tutte e tre le gare in trasferta, col risultato di 4-1. Partiti in svantaggio nell’ultima gara, i bad boys riuscirono a rimontare nell’ultimo minuto uno svantaggio di sette punti, vincendo grazie a un tiro dalla media di Johnson a 0.07 secondi dalla fine del match. Questo canestro valse a Johnson il soprannome di -“007”-, che andò ad aggiungersi all’altro soprannome: “il microonde”. Il titolo di MVP andò a Isaiah Thomas. La corsa al titolo dell’anno successivo termina senza successo però, nella serie contro i Bulls. Nonostante la sconfitta per 4-0, i bad boys uscirono a testa alta tenendo fedeltà al loro soprannome; quando finì l’ultima partita infatti Thomas e compagni si rifiutarono di dare il cinque ai giocatori dei Bulls, facendo parlare per l’ultima volta di loro. Sicuramente non sono stati la squadra più simpatica dell’NBA, ma sicuramente sono stati uno dei team che meglio hanno rappresentato il concetto di gruppo costruendo le vittorie attraverso il lavoro, la grinta e la volontà… con la consapevolezza di non essere sulla carta una squadra da titolo.

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