APPUNTI SULLA “PESCA ALLA TROTA IN AMERICA”
22 Gennaio, 2015[ Una brevissima avvertenza, poi andremo ad iniziare. Io non parlerò di libri: lascerò parlare i libri. Dirò, in piena possessione cartacea, di alcune cose che essi mi hanno suggerito in lettura: appunti, spunti: elenchi, quindi; anche immagini, più o meno ordinate. Non c’è, allora, ombra di sistema e critica: quella annoia voi leggerla, me farla. Sono piuttosto libere associazioni: sotto forma di altre parole, nuovi succhi, spremuti dalla stessa polpa.
Andiamo ora. Ci tocca pescar trote in America, quest’oggi ].
Cos’è “PESCA ALLA TROTA IN AMERICA” ?
- Un ammasso statico di parole: cioè un libro. Un complesso ma fragilissimo meccanismo da attivare con la forza dell’immaginazione: filtra dagli occhi, sublima nella testa; quindi, lentamente, evapora. Resta il sedimento, che non appassisce, né scolora col ricordo: oggi è una trota.
- La pesca è un’immagine. O meglio si pesca un’immagine. Si pesca dall’immaginario: di una persona, metti Richard Brautigan, americano di Tacoma, Washington. Di un pioniere: un cacciatore dello spirito di un luogo, dunque. Dall’anima di un paese: dal suo cielo, dalla sua terra, dai suoi laghi. E dai suoi fiumi: in cui sguscia, fiera e libera, una trota dallo sguardo vispo e un po’ malinconico, che scatta delle gioiose polaroid dell’America e degli americani. E le conserva così, nell’album della sua memoria, capiente quanto un continente.
- Dunque anche la trota si comporta da pioniere: libera di scoprire, conquista e vive. Rispetta i luoghi, pure; e s’armonizza. La pesca è, al contrario, per sua natura la negazione di tanta libertà: è un atto invasivo. È la moda d’andare tutti in campeggio attrezzati, vivendo la natura come se si stesse seduti comodi nel salotto di casa. Il campeggio e la pesca sono anti-pioneristici. La pesca e la trota diventano, allora, due immagini d’America: quella che c’era e quella che c’è. La trota ha abboccato.
- La trota è totemica. È lo spirito: santo, come s’addice a ogni spirito, eppur laico e vagabondo. È anche un vagabondo in carne ed ossa: comodo su una sedia a rotelle, in piazza a San Francisco. È Shorty “Pesca alla Trota in America”, che chiede l’elemosina per il vino di fragola sotto la statua di Benjamin Franklin. La trota è anche la statua di Franklin, però: o meglio lo spirito di lui, di Franklin. Vagabondo come ogni spirito, striscia nelle pietre, s’acquatta dietro le pietre, s’insinua nella carne. Sta pure negli hotel, dove le nostre carni riposano: è l’insieme di tutti gli spiriti che lo hanno abitato e che, all’interno, vi sussurrano e vi gemono; e pure degli oggetti: ricevute, note spese, poesie sui fazzoletti, ricettari, menù, vecchie riviste, tavoli, sedie, letti, comodini e bibbie nei cassetti. E sì, anche la latrina.
“ Certe seduzioni sono degne di essere
conservate al museo dello Smithsonian Institute,
accanto allo Spirit of St. Louis ”
La pesca alla trota è così, episodica e disordinata. Rumorosa e silenziosa: continuamente asimmetrica, funambolica, concettosa e sintetica. Multiforme e cangiante. Per questo è un gioiello: coglie lo spirito di un’epoca, ne narra tutte le possibile storie, tutte le vicende presenti e future: odora di profezia. Tiene dentro tutto: il 1967 – l’anno della trota – e quello che è stato: pionieri e indiani, cowboys e praterie sconfinate. E di quello che sarà: l’avarizia e la fame, le industrie e le città. Si procede così, scaglia per scaglia, sul dorso di una trota-continente, in viaggio continuo, in cielo come in terra, riflesso di luce per riflesso di luce, goccia d’acqua su goccia d’acqua, anno per anno, volto per volto. Per sempre, e così sia.
LA COPERTINA DI PESCA ALLA TROTA IN AMERICA
La copertina di Pesca alla trota in America è una foto scattata di pomeriggio tardi, una foto della statua di Benjamin Franklin nella Washington Square di San Francisco. Nato del 1706 – morto nel 1790, Benjamin Franklin si erge su un piedistallo che sembra una casa piena di mobili di pietra. Ha delle carte in una mano e il cappello nell’altra. Poi la statua parla e in marmo dice:
DONO DI H.D. COGWELL
AI NOSTRI RAGAZZI E RAGAZZE
CHE PRESTO PRENDERANNO
IL NOSTRO POSTO
E ANDRANNO AVANTI.
Attorno alla base della statua ci sono quattro parole orientate verso i quattro angoli del mondo, verso l’Oriente BENVENUTI, verso l’Occidente BENVENUTI, verso il Nord BENVENUTI, verso il Sud BENVENUTI. Appena dietro al monumento ci sono tre pioppi, quasi senza foglie, tranne qualcuno in cima. la statua sta proprio davanti all’albero di mezzo. Tutt’intorno l’erba e bagnata dalle piogge di inizio febbraio. Sullo sfondo c’è un alto cipresso, scuro quasi come una stanza. Adlai Stevenson ha tenuto un comizio sotto quell’albero nel 1956, davanti ad una folla di quanrantamila persone. Dall’altra parte della strada, di fronte alla statua, c’è una grande chiesa con croci, campanili, campane, e un ampio portale che sembra l’ingresso di un’enorme tana per topi, come quelle che si vedono nei cartoni animati di Tom & Jerry, e sopra questo portale c’è scritto PER L’UNIVERSO. Verso le cinque del pomeriggio, nella mia copertina di Pesca alla trota in America, la gente si raduna affamata nei giardini dall’altra parte della strada, davanti alla chiesa. Per i poveri è l’ora dei panini. Però non si può attraversare la strada finché non viene dato il segnale. A quel punto attraversano di corsa la strada verso la chiesa e ricevono i loro panini, avvolti in carta di giornale. Quindi tornano nei giardini e scartano i panini dal foglio di giornale per vedere cosa c’è dentro. Una volta un mio amico ha scartato il suo panino, ci ha guardato dentro e ci ha trovato solo una foglia di spinacio. Tutto lì. Non era Kafka che aveva imparato a conoscere l’America attraverso la lettura dell’autobiografia di Benjamin Franklin…? Quel Kafka che affermò: «Gli americani mi piacciono, perché sono gente piena di salute e di ottimismo».
(R. Brautigan, Pesca alla trota in America, 1967)
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