DC CHRONICLES // SUPERMAN : RED SON (2003)

28 Gennaio, 2015

“ Coloro che sacrificano la propria libertà per la salvezza

scopriranno che non erediteranno né l’una né l’altra ” 

Benjamin Franklin


Prima di iniziare, facciamo dimestichezza con il concetto di “What if…”: prendi un evento chiave, spingilo in una direzione completamente diversa, stravolgi interamente la dinamica degli eventi, lascia che conseguenze e avvenimenti prendano strade assolutamente impreviste. Esempio: i genitori di Bruce Wayne non vengono uccisi di notte, durante una rapina, in un vicolo buio di Gotham City. Ci sarebbe comunque un Batman a pattugliare le strade di Gotham? Se sì, chi sarebbe?

Giochino interessante, non c’è che dire. Anche perché può portare alla costruzione di realtà narrative parallele davvero conturbanti: prendi, ad esempio, quella che ha iniziato a ipotizzare un autore intelligente come Mark Millar, nel lontano 1995. Per quasi vent’anni – mentre si dedicava alla scrittura di altri progetti e si faceva le ossa nel mondo dell’industria – il buon Mark ripensava le origini di una delle icone americane per eccellenza – insieme alla Chevrolet, alla torta di mele e probabilmente Topolino – : Superman. Cosa sarebbe accaduto se Kal-el fosse atterrato, invece che su suolo americano, su territorio sovietico? Se invece che tra le braccia dei timorati, onesti lavoratori della famiglia Kent, fosse diventato parte della comunità umana della Grande Madre Russia, guidata da Josif Stalin?

Mark Millar è uno scrittore intelligente, e si vede. Tesse e costruisce la storia evitando il rischio della banalizzazione al rovescio: Superman è il super cattivo, i super cattivi sono tutti buoni. Al contrario, ci racconta una storia interamente giostrata sui toni di grigio: il grigiore morale che pervade la politica, i suoi giochi al compromesso e i complotti. Ribaltandosi la prospettiva, infatti, non può cambiare solo il colore del costume o il simbolo dell’eroe (per la cronaca: non più rosso e blu, ma grigio e rosso; non più la celebre S, ma una falce e martello rovesciata): sono le possibilità del personaggio a doversi trasformare. Si può far succedere, allora, Superman a Stalin; e così, un regime oppressivo diventa ancora più opprimente. È come ritrovarsi ad essere governati da Dio in persona: un essere onnisciente, che sente e vede tutto; onnipotente: virtualmente immortale, indistruttibile e capace di intervenire nell’immediatezza di un evento; e, infine, con una fede cieca in ciò che fa. Privo, al contrario del suo tradizionale gemello americano, del limite di poter imporre, anche con la forza, il suo credo. Un Superman, in realtà, molto simile alla stupida macchina da guerra reganiana tratteggiata da Frank Miller e contrapposto al suo Cavaliere Oscuro. Così, non è un caso che, anche in questa occasione, Batman, con il suo estremismo morale, rappresenti la spina al fianco di questo pachiderma totalitario.


red son 1


Mark Millar fa un buon lavoro. Rivisita la mitologia del personaggio; ne ridispone acutamente in campo i principali alleati e i principali avversari; mostra come le possibilità di dominio incontrastato di una superpotenza, la rendano pericolosa per gli equilibri mondiali (capito il messaggio America? Risposta: No. L’opera è del 2003 e loro si ostinano a giocare alla World Police…); il tutto splendidamente orchestrato da una cricca di illustratori di tutto rispetto (Dave Johnson e Kilian Plunkett alle matite; Andrew Robinson e Walden Wrong alle chine; Paul Mounts ai colori), che contribuiscono a creare un’atmosfera kafkian-orwelliana, distopica e molto anni ’50: come se i cartoni di Max Fleischer si fossero fusi con l’arte propagandistica tanto sovietica, quanto americana.

Ma ammettiamolo: è soprattutto la falce e martello a far bella mostra sui pettorali scolpiti di Superman, a lasciarci a bocca aperta.

P.s.: Esiste una realizzazione in Motion Comic di quest’opera. Purtroppo è solo in inglese. Se non avete problemi con la lingua, eccovela servita.


SUPERMAN: Red Son – Motion Comics


 

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