IT’sss Gamee Time // The Flu Game (11 giugno 1997)
29 Maggio, 2015Alle 2 del mattino dell’11 giugno 1997, il telefono nella stanza di Tim Grover squilla inaspettatamente e le uniche parole udite da quest’ultimo furono: Tim, sto morendo.
Procediamo con ordine… Tim era il personal trainer di Michael Jordan, durate gli ultimi anni della sua carriera ai Chicago Bulls. Nel ’97 dalla domenica del primo giugno i Chicago Bulls furono impegnati nelle NBA Finals contro gli Utah Jazz di “Stockton to Malone”.
MJ e compagni portarono a casa GARA 1 e GARA 2 ma Malone e gli altri acquistarono fiducia con un tiro da 3, una palla rubata ed un passaggio di Stockton pareggiando il conto al meglio delle sette sul due a due.
Il giorno prima di Gara 5 però MJ in ritiro con i suoi teammate a Park City decidono di mangiare una pizza fuori orario e qui accade il peggio, ne segue una brutta intossicazione alimentare.
Il Corpo a servizio della mente
Non c’è niente da fare, Mj non riesce ad alzarsi dal letto, fino alle 17:50 a poche ore dall’inizio della partita non mette piede fuori dalla stanza. Provano di tutto, ma l’intossicazione sembrava avere la meglio fino alle 19:00 quando il 23 in maglia rossa decide di andare al palazzo dello sport di Salt Lake City. Uno uomo provato, un Jordan mai visto con quella faccia, non era riuscito a dormire e i crampi allo stomaco non gli permettevano niente. Durante l’attesa della partita Jordan, rivede e ripassa mentalmente tutto ciò che è successo nelle gare precedenti in modo da coordinare le forze per i momenti giusti che la mente stava già immaginando.
Una bolgia dantesca lo attese al Delta Center di Utah, ma oramai MJ era entrato in una fase che solo lui conosceva e che nessuno poteva e può capire ancora adesso. Riuscì a dosare ogni forza, ogni passo ed ogni parola per combattere su entrambi i lati del campo. Non ci sono parole per raccontare ciò che ha fatto, riguardando la partita si percepiscono dei momenti in cui è al limite dello svenimento come il momento in cui, Pippen è costretto a portarlo quasi in braccio fino alla panchina durante un Time-out.
Punti? Rimbalzi? Assist? non contano perché quello che ha dimostrato il 23 è qualcosa che va’ oltre l’amore per il gioco ed oltre l’immaginabile, vedere per credere…
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