It’sss GAMEE TIMEE // NCAA MADNESS: Indiana State vs Michigan State 1979
10 Settembre, 2016Il mondo del basket chiaramente ruota su di un asse con un moto di rivoluzione completamente diverso da tutti gli altri sport terrestri. Se per un attimo prendessimo in prestito la “DeLorean DMC-12” a Doc del film “Back to the Future”, potremmo tornare indietro nel tempo facendo ruotare in senso opposto l’asse di rotazione del nostro globo finendo in due città nell’estate 1976. una è a Lansing nel Michigan e l’altra è French Lick nell’Indiana. Se l’era Wooden come scritto nel precedente “It’s Game Time”, si fosse appena chiusa con il titolo NCAA del 1975, nel piccolo stato dell’Indiana, un giovane allenatore da qualche anno sta’ cambiando la visione di gioco o meglio i “10 comandamenti” della religione che domina quel pezzetto di terreno. Il pastore consacrato nella santa sede dove risiede ancora il tredicesimo apostolo (il canestro) è tale, Bob Knight e la religione di cui stiamo parlando ovviamente è il Basket.
Qui un giovane ragazzo biondo, con zero esplosività che scaldava il pallone sulla stufa perché mentre tirava nel cortile di casa, quest’ultimo dopo un po’ si congelava sistematicamente dal freddo, si presentò alla messa del pastore per diventare chierichetto ma divergenze di opinioni portarono, Larry Bird da French Link aka“The Pink Jesus”, a guidare per un anno il camion della nettezza urbana fino a quando “INDIANA STATE” non gli offrì una borsa di studio. Dal 1976 fino al 1979, Larry Joe Bird compii una impresa leggendaria, fece comparire sulla mappa “baskettiana”, dopo la domanda “Indiana “S”, whoo? l’università per cui giocava quindi per un periodo di tempo non ci furono solo gli “Hoosiers” del “santone col maglione rosso”(Bobby Knight). Contemporaneamente in un altro stato che giocava al ritmo dei dischi della “Motown Records”, che in quegli anni lasciava andare un gruppo proprio proveniente dall’Indiana come i Jackson 5, trascinati da Michael Jackson, un giovane ragazzino con un sorriso assurdo capace d’illuminare l’umore delle persone da dove fosse fino a Bangor nel Maine… ogni mattina appena sveglio, senza colazione spazzava il viale di casa, per immaginare situazioni di gioco all’ultimo secondo di una partita di finale con il possesso decisivo tra le sue mani per decidere la partita.
Il nome del ragazzo che palleggiava per strada mentre portava la spesa a casa alla mamma dal supermercato è, Earvin Johnson Jr, che in quegli stessi anni finì per giocare con gli “Spartans” dell’Università di Michigan State. La vita di quest’ultimo con la maglia numero 32 cambiò quando, l’allenatore Jud Heathcote, ebbe una visione di lui in posizione di playmaker dando alla fantasia del futuro “Magic” – “a stick to hungry lion”. La partita è sì datata 1979, ma in ogni minuto di gioco si assapora l’amore per il basket e la competizione di quelle più dure e “dirty” con un rispetto religioso fuori dalla norma. Diciamo che la notte divenne un dipinto di Vincent Van Gogh, sfumato da Larry che come alzava la mano con palla in mano era “swish” e Magic che faceva la voce grossa, con la determinazione di essere indomabile su entrambi i lati del campo. Penso che basti come introduzione all’opera e quindi diamo inizio a…
“L’arte del gioco, in una notte stellata… dipinta meglio di quella del Van Gogh.”
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