JABBERWOCKY REVIEWS /// La prevalenza del cretino (1985)

1 Maggio, 2015

Non molti anni fa, un’attivista poco informata di cui non ricordo nome e posizione propose di eliminare la Divina Commedia dai programmi scolastici. La provocazione si motivava sulla base di una presunta incongruenza fra l’opera e la contemporaneità storica.

Tralasciamo il fatto che la comprensione del presente (cosa che peraltro con la Commedia si fa benissimo) è solo uno fra i tanti scopi prefissi all’insegnamento della letteratura, e diamo per un attimo ragione all’attivista di cui sopra. Se proprio fosse necessario introdurre nelle scuole un testo in grado di chiarire le radici profonde del nostro tempo, sarebbe forse adatto allo scopo La Prevalenza del cretino, raccolta di articoli del 1985 a firma di Carlo Fruttero e Franco Lucentini.

copertinaLa Prevalenza del Cretino inaugura una raccolta di scritti brevi completata da La Manutenzione   del Sorriso (1988) e Il ritorno del cretino (1992) recentemente ripubblicati nel volume unico Il cretino, rispettabile se non esauriente trilogia sull’argomento (Oscar Mondadori, pp. 933, € 13). L’imponenza del tomo non deve scoraggiare, la lettura si scompone piacevolmente in più riflessioni brevi intorno all’argomento. Fruttero e Lucentini, da brillanti intellettuali quali sono, vedono stagliarsi contro l’ultima decade del novecento una figura nuova e sconosciuta, il Cretino, che si avvia incontrastata alla conquista della società italiana. Questo individuo scala qualsiasi gerarchia appigliandosi alla forza sovrumana dell’ebetismo: egli è convinto di sapere tutto, e questo è tutto quello che sa.Per la sua imponderabilità di fondo, l’argomento è vagliato attraverso una serie di considerazioni in cui F&L analizzano con esattezza filologica cretinismi grandi e piccoli dell’Italia di quegli anni.

Nessuna figura sociale è esente dall’affezione: la maestra elementare come il presentatore televisivo, il turista, lo studente universitario, il politico, il giornalista. La lettura di quella cretineria neonata, soprattutto alla luce di quella enorme e conclamata di oggi, crea un po’ di apprensione ma mai il vero panico. Aiuta, forse, l’umorismo degli autori, caustico ma mai acido, critico ma celatamente ammirato da quella cavalcata trionfale e inaspettata.

“La rilettura delle nostre pagine suscita in noi sentimenti contrastanti” commentarono gli stessi autori nei primi anni duemila. “Ora prevale il compiacimento per aver intuito e prefigurato con notevole anticipo (ma era poi così difficile?) non poche sequenze avvenire dell’amaro film. Ora ci rodono i rimorsi per non aver detto di più, segnalato altre nefandezze, sventolato più numerose bandiere di sarcasmo, dileggio, fustigante ironia. Perché nello sfondo c’è sempre la grande questione: a cosa mai servirà tutta questa critica della bêtise? A niente, parrebbe di poter rispondere in conclusione. Il cretino è imperturbabile, la sua forza vincente sta nel fatto di non sapere di essere tale, di non vedersi né mai dubitare di sé. Il movente di libri come questo andrà dunque cercato tra passioni di minoranza: lo sfogo impotente, la vana rivalsa, il piacere invero minuscolo di aver almeno detto al nemico ses quatres vérités. E il divertimento, l’allegria, la spensierata irresponsabilità di chi sa di aver perso in partenza e cerca di soffrirne il meno possibile, offrendo già che c’è al suo pubblico lepide e sintetiche consolazioni”.

Franco Lucentini ci ha lasciato nel 2002. Carlo Fruttero dieci anni più tardi. Ed è un peccato, perché sarebbe interessante sapere cosa hanno da dire di fronte alle bufale condivise su Facebook, ai libri di Barbara D’Urso, ai talent show. Sorge però un dubbio: forse, oggi, il loro umorismo garbato e incalzante susciterebbe più che altro indignazione, accuse di intellettualismo, magari indifferenza assoluta. La prevalenza del cretino è diventata dominio.

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