NAIS LIVE! // A TOYS ORCHESTRA live @ Meet Eventi, Av.
19 Ottobre, 2015Il Meet è un posto situato a metà fra la città e la periferia, subito dopo Progress, ad Atripalda, lungo la strada che porta a San Potito Ultra per poi perdersi nell’infinito retroterra irpino. La sicura reperibilità è certamente uno dei punti di forza del posto. Il locale all’interno si presenta molto ben arredato, very cool, forse fin troppo per la programmazione “aggressiva” che propone. Ma, come dicevo prima, il Meet nasce, non a caso, come luogo d’incontro. Ecco perché anche per l’evento degli A toys orchestra il pubblico si presenta variegato e colorato, diversificato; il colpo d’occhio sulla platea, che pure è nutrita abbastanza, non è affatto omogeneo, ci sono facce, modi di espressione e corpi diversi e i Toys, questo, sembrano saperlo, nel legame profondo che ogni band intesse con il pubblico inconsciamente, capendolo fin prima di arrivare sul palco, ed è proprio per tale motivo che il loro live sarà studiato in questo senso, trasversale, in modo da colpire gli immaginari di ognuno dei presenti.
Enzo Moretto e soci fanno il loro ingresso sul palco a mezzanotte e si parte subito forte con un pezzo del nuovo disco “Butterfly effect” (Urtovox, 2014), Wake me up, il pezzo del risveglio che subito impone il sound energico della band di Agropoli. Forte è la radice Arcade Fire, evidente in alcuni punti di questo brano come in Fall to restart che verrà di lì a poco, dai synth raffinati ed estremamente coinvolgenti. La matrice dance anni ’80 è molto sentita: i Toys, nel pieno della propria maturità artistica, sanno ora giocare con sé stessi, lasciando quasi che sia la musica a guidare loro e non viceversa. Una totale libertà di movimento fra gli strumenti dello stage rende il tutto molto bello, a riprova di un’intesa ormai perfetta del gruppo: la sinuosa Ilaria D’Angelis si muove fra synth, bassi e chitarre fino ad arrivare ad un cantato solista dalle tendenze quasi Kylieminogueane.
Ma c’è giustamente tempo anche per alcuni classici e così, dopo un breve “shhh” che invita il pubblico al silenzio, Moretto si cimenta al piano in Invisible, intramontabile pezzo d’apertura di “Technicolor dreams” (Urtovox, 2007). Sotto il palco qualcuno ha bevuto un po’ e, durante Peter Pan Syndrome, altro pezzo emblematico, c’è spazio anche per ilari e felici balletti fra estranei, in quella cornice fiabesca di chi non vuol mai crescere e rimane intrappolato in una dimensione festosa per tutta la vita, una condizione fisica e mentale che molto mi ricorda i Toys, sospesi in questo limbo di maturità e adolescenza da cui sembra impossibile uscire. Ma questa è una mia personalissima opinione, tra l’altro partita da un allegro sipario sottopalco dovuto all’alcol, pertanto non so quanto sia attendibile.
Ad ogni modo il concerto scivola velocemente verso la fine, un’ora e mezzo che scorre molto bene.
Moretto dice:
“Siamo sudati marci e questo è un buon segno”
ricordando che, da queste parti, mancavano da un bel po’ di anni. Nell’encore chiudono con Celentano e My heroes are all dead. Enzo si siede su un amplificatore, ringrazia il Meet, la gente e se ne va. Pochi secondi dopo, mi accorgo che c’è un foglio attaccato al palco con scritto il testo di Peter Pan Syndrome.
Forse Enzo ha difficoltà a ricordarne il testo. Mi dico, quindi, che la maturità, nella musica come nella vita, arriva quando meno te lo aspetti e che è proprio giunto il momento di crescere. Ancora frastornato dal suono viscerale dei synth, torno a casa con la consapevolezza che domani ci riuscirò.
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