PASS THE POPCORN // Amore Tossico.
28 Novembre, 2015Anni ’80. Italia.
La fine dell’eros ’68ino. La lotta armata.
L’eroina che comincia a fare i danni veri.
Nel quadro avvelenato che si presenta capita sempre qualcuno che arriva prima, che guarda le cose da un’altra prospettiva, che scava nei problemi fino a scardinare e rovesciare la visione manichea delle cose. Claudio Caligari, regista poco più che trentenne, porta avanti un’idea di militanza e un approccio a problemi, come quello della droga, diverso, unico al tempo. 1983, dopo una lunga gestazione, contro tutto e tutti, esce finalmente Amore tossico: “un quadro vero: fatto de vita, fatto de morte, fatto de sangue… de sangue nostro” dice emblematicamente Cesare Ferretti, protagonista del film, in una delle scene più intense. Il film di Caligari è uno squarcio nella tela, un urlo tra la monnezza, manifesto postumo del sottoproletariato (ora drogato) di pasoliniana memoria.
Cesare, Enzo, Roberto detto Ciopper, Massimo, Capellone, Michele, Loredana, Debora e Teresa trascinano le loro vite a Ostia, alla ricerca continua e spasmodica di quella appagante “spertusata di venazza”. Caligari, seguendo l’esempio del neorealismo, seleziona un cast preso dalla strada senza alcun apporto di attori professionisti. Il lavoro sulla parola e sulla lingua, poi, è straordinario. Nel tempo, infatti, il regista riesce a stabilire un rapporto di totale fiducia con i protagonisti e la sceneggiatura viene più volte modificata proprio grazie ai loro preziosi consigli, di tossici veri (ormai quasi tutti morti), che frequentano quel mondo.
Amore tossico si distingue nettamente da altre pellicole come “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” di Uli Edel (1981) e “Trainspotting” di Danny Boyle (1996), Amore tossico arriva dritto allo stomaco, Amore tossico è “l’anni ’80 co ‘na spada conficcata fra ‘e braccia”. Eppure, pur essendo stato presentato a Venezia dall’imponente Marco Ferreri, il film non ha mai avuto una diffusione forte, ostracizzato com’era da quell’Italia piccola piccola che ancora rifiutava il piacere di essere scandalizzata e di capire più in profondità certe dinamiche. Purtroppo Claudio ci ha lasciato lo scorso 26 maggio, a 67 anni, a causa di un tumore. “Muoio come uno stronzo. E ho fatto solo due film” così se n’è uscito ad un semaforo rosso di viale dell’Oceano Atlantico, un anno prima di morire, dice Valerio Mastandrea, suo attore e amico, che, altrettanto epicamente gli ha risposto: “C’è gente che ne ha fatti trenta ed è molto più stronza di te”.
Ma intanto Claudio è morto davvero e chissà se ci sarà mai un nuovo Cesare Ferretti ad indicarci la via per una nuova rivoluzione copernicana.
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“Intervista al regista Claudio Caligari”
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