The Fab Five // 5 on 5: One Band, One Sound, One Dream.
30 Gennaio, 2015Cancellate tutti i vostri pensieri, le vostre opinioni sul fatto che il College Basketball non sia un mondo a parte ed uno sport completamente diverso dal resto degli sport mondiali. Più passano gli anni e più questa cosa si sente a dismisura in confronto a ciò che accade esternamente nel mondo.
Visto che manca un mese alla “March Madness”, oggi parliamo di questo documentario girato dalla ESPN su un gruppo di 5 ragazzi, che furono reclutati dall’università del Michigan e quest’ultimi oramai, rappresentano la classe più forte che abbia mai assunto un’università nella storia del gioco inventato dal professor James Naismith.
Il più forte sicuramente ma anche il più incompreso per il modo di essere, infatti il loro esordio fu molto discusso sopratutto per la moda dei pantaloncini al ginocchio anziché ascellari dell’epoca, la musica Hip-Hop a tutto volume negli spogliatoi e il “Trash Talk” da ghetto. Non hanno mai avuto problemi con la legge o altro fuori dal campo infatti loro sono stati semplicemente un simbolo di un cambiamento generazionali di giovani atleti.
I cinque i giocatori in questione erano: Juwan Howard, Jimmy King, Ray Jackson, Chris Webber e Jalen Rose. Ognuno di loro al liceo aveva fatto vedere quanto talento ribolliva dentro un corpo di un liceale durante il campionato statale diviso tra scuole pubbliche e private.
Negli usa a livello sportivo è molto importante la distinzione tra scuole pubbliche e private, sono contesti differenti e sopratutto modi di giocare differenti come il campionato di Jalen Rose, figlio d’arte, che andava al Southwestern High School di Detroit apparso anche nel documentario Hoop Dreams che vi ho già postato tempo fa. Nel documentario appare anche la bellissima rivalità con l’università di DUKE e i dissapori con Grant Hill, Bobby Hurley, Christian Laettner e Brian Davis. Steve Fisher era l’allenatore che riuscì ad unire e guidare questa “band” sotto un unico “sound” per raggiungere il “sogno americano” però purtroppo non sempre tutto finisce come nelle migliori storie “d’amore”.
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