Track of the day // ANDROGYNOUS (1984)
15 Novembre, 2015Nel 1980 a Minneapolis, fondata dai francesi sul territorio dei Sioux Dakota e tristemente famosa negli States per criminalità e scontri razziali, non c’è solo Prince e la sua funk revolution. Dai bassifondi dei club sta emergendo forte il ruggito del punk/hardcore, e i Replacements sono al posto giusto. Come nella migliore tradizione punk i ragazzi sanno suonare sporco, alternano la melodia a ruvide schitarrate, e Bob Stinson ne è il chitarrista fondatore insieme a Paul Westerberg. In questi anni nascerà a Minneapolis anche un’altra band destinata a influenzare in modo decisivo il rock alternativo (e in particolare il movimento grunge): Husker Du.
I Replacements hanno acquisito giustamente un posto di rilievo nella musica rock, nessuno ha rappresentato meglio di loro, sia nel look che nelle liriche, la rabbia e la frustrazione dell’essere adolescenti. Prendiamo l’immagine della copertina del disco “Let it be”, quattro amici su un tetto, apparentemente semplice ma indubbiamente spiazzante. In una fase dominata dal kitsch dei videoclip e della pop music, i quattro di Minneapolis sono in bianco e nero su un tetto con quell’attitudine pigra che si infiltra nei loro sguardi, come a testimoniare la presenza vitale del disagiato. E a proposito del disco del ’84 bisogna sottolineare rapidamente che l’autorevole Rolling Stone l’ha inserito nei 500 migliori dischi di ogni tempo. Un gruppo d’immensa creatività che ha saputo fondere l’asprezza hardcore con sonorità morbide da ballata jazz (“Androgynous”) doveva, per forza di cose, ottenere un riconoscimento che durasse nel tempo.
Molte band devono ai Replacements la loro ragion d’essere, quel rivolgimento estetico-musicale su un modello che batteva la fiacca come il rock chitarristico ha prodotto uno scarto, un repertorio di dettagli innovativi: la voce di Westerberg, l’uso di imperfezioni e rumori, le dinamiche acustiche nelle registrazioni, la scelta di intitolare un disco col titolo di una canzone ultrafamosa. Un universo musicale in decadenza che ritrovava lo slancio grazie agli esperimenti melodici di un gruppo hardcore. “Androgynous” è solo un pezzo di un mosaico affascinante che è la loro “essenziale” discografia.
Per chi ama i Beatles o i Pearl Jam, e nel contempo non disdegna la musica jazz, i Replacements suoneranno familiari perché ricercano l’universalità del suono, l’armonia del pensiero tradotta. Questa bella storia finisce però con lo scioglimento della band a inizio anni novanta e il seguente esordio solista di Westerberg, che parteciperà alla colonna sonora di un film cult come “Singles” (reperite il disco, è il bignami del grunge) in veste di “padrino” del nuovo movimento. Ma i Replacements sono più di questo; sono l’espressione dell’innocenza selvaggia che il rock ritrovò in dischi come “Tim” ( inserito proprio come “Let it be” nella classifica dei migliori da Rolling Stone).
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