YOU TALKIN’ TO ME? WHO THE FUCK DO YOU THINK YOU’RE TALKING TO? // Mary In June
19 Aprile, 2016 Mary in June, la solita band italiana dal nome inglese.
Si ritrovano a suonare insieme una sorta di post rock/punk dalle sfumature folk,
con testi in italiano al sapore oleoso del petrolio.
Provano a urlare la realtà dei nostri giorni, ma tornano a casa presto con la macchina a gpl o a metano.
Si assicurano di aver gettato carta e plastica nel posto giusto,
e prima di infilarsi sotto le coperte sorbiscono tisane al cardamomo, finocchio e zenzero.
“Tuffo” è un flusso emotivo fatto di immagini allucinate ed
allucinanti che esplora la nostra personalissima provincia dell’anima.
“Tuffo” è un ritorno ad una visione più sincera di ciò che ci circonda.
Dolore e piacere hanno la stessa radice e descrivono l’essenza dell’uomo,
dipingendolo come un individuo che giorno dopo giorno, vincendo la paura,
si tuffa a capofitto nella grande prova del quotidiano: il vivere.
“Tuffo” è il frutto di quattro anni di vita passati a scartare canzoni
dall’hard disk e a mettere continuamente in discussione noi stessi.
“Tuffo” esiste anche grazie a Giorgio Canali.
In veste di produttore artistico ha reso meno acerbe e complesse le nostre scelte,
stilistiche e non. Ci ha mostrato un approccio musicale
semplice e d’impatto ma molto forte emotivamente quasi del tutto viscerale,
facendo emergere il lato più genuino dei Mary.
A quali artisti, italiani e non, vi siete maggiormente ispirati?
Possiamo dividere in due blocchi le nostre influenze principali: quelle per la parte vocale e quelle per la parte strumentale.
Per quanto riguarda la voce, sicuramente i cantautori del passato come Lucio Dalla e Giovanni Lindo Ferretti. Tra i contemporanei ci sono Dente, Tre allegri ragazzi morti, Brunori sas e Le Luci della centrale elettrica.
La parte strumentale prende invece spunto da sonorità meno nazionali e più English/American oriented, quindi American Football, Crash of Rhinos e tutti quei gruppi italiani che riprendono questo stile quali FBYC, Gazebo Penguins, LaQuiete e Raein.
In generale non possiamo che considerare l’intera scena emo-punk e post rock fondamentale per noi.
Al di là della musicalità della lingua,
uno degli aspetti più importanti dell’ ascoltare testi in italiano penso che sia
l’ immediatezza con cui ti si possono aprire scenari diversi disegnati dalle parole..
e i vostri pezzi poi sono molto evocativi.
Quali sono i temi che più amate trattare e che più vi ispirano?
Diamo tantissimo peso e risalto alle tematiche dei nostri testi, come già successo con il nostro EP Ferirsi, un concept album sull’ambiente e le ripercussioni che l’uomo ha su di esso. Se con Ferirsi ci ponevamo a distanza da tutto ciò, come degli osservatori attenti, nel caso di Tuffo c’è stato un vero e proprio coinvolgimento, e da qui nasce anche il titolo del disco.
Ci siamo voluti immergere in queste tematiche e affrontarle in modo diretto, così da poter esprimere senza filtri le sensazioni che vivevamo sulla nostra pelle.
Tre anni di lavori si sentono, e anche il modo in cui abbiamo voluto scrivere tutto ciò è da esempio, parliamo proprio di stile e di comunicazione. Ne è nato un disco molto più consapevole e molto più spontaneo di quanto potessimo effettivamente immaginare.
Ci spiegate la scelta del nome Mary in June?
Come nella più banale delle risposte, nasce dall’esigenza di trovare un nome per una serata live.
Più precisamente, deriva dal titolo di un brano dei Victory at Sea, gruppo post rock americano.
Ci piace però pensare a una Mary, il quinto elemento fantasma del gruppo, che suonava insieme a noi e ora non c’è più!
L’ ambiente e la vita romani quanto influiscono
nella vostra produzione? I temi e le emozioni
che descrivete nei testi hanno a che fare con la vostra vita nella Capitale?
Forse sì, forse no. Non abbiamo molto di così ancorato al panorama romano, se non per qualche riferimento a gruppi amici che apprezziamo tutti e quattro noi della band, come nel caso dei ragazzi di Viscere e Jellyfish.
Sono due realtà slegate che però organizzano entrambe serate postrock/ emo.
A parte questo, Roma è una città troppo grande e troppo dispersiva per poter creare un’unica grande scena basata su un genere musicale. Si può parlare, piuttosto, di approcci e modi di fare.
E’ facile trovare nella stessa serata gruppi musicalmente opposti ma che sono accomunati da un modo di fare e da amicizie condivise. Le nostre tematiche e i nostri stili si rifanno ad altro, a concetti più ampi e non sempre particolarmente legati a un luogo, piuttosto a uno stato interiore o a un pensiero.
La copertina l’ avete concepita voi?
Ce ne spiegate il significato?
La copertina è stata realizzata da Francesca Pignataro in arte Fou Turista, assieme ad Ambra Crociani. Abbiamo discusso con loro la nostra idea di copertina e la nostra percezione del disco, per lo più sensazioni. Il titolo del disco descrive già il concetto da cui siamo partiti. Dopo tutto il tempo dedicato alla stesura dei brani e alla produzione del disco ci sembrava giusto esprimere qualcosa di più immediato e che rispecchiasse lo stato di quel momento. La realizzazione è stata totalmente affidata a loro, e ne siamo usciti molto soddisfatti!
Questo il concept, nelle parole di Francesca Pignataro: “Lo scatto richiama il titolo dell’album esaltandone la sua natura poetica. All’interno di un contesto sospeso tra il rigore e il selvaggio, un corpo dalle forme delicate quasi eteree si riversa in un vaso, in un gesto surreale e straniante, che crea contrasto con la vasta piscina sullo sfondo. Tutto è tranquillo nonostante la durezza della composizione geometrica, che rimarca una forte carica emotiva.
Non esiste tempo, né stagione, solo un tuffo profondo in una dimensione che possiamo immaginare”.
In cosa vi sentite cambiati rispetto al
passato e cosa avete invece mantenuto
delle vostre pubblicazioni precedenti a “Tuffo”?
Di diverso abbiamo sicuramente la scrittura dei brani e il modo di gestire le dinamiche del gruppo.
Tuffo ha coinvolto tutti noi nella composizione e nell’arrangiamento finale, a differenza di Ferirsi che invece ha visto nascere i brani da idee di Alessandro o di Aron.
Il nuovo disco comprende un’infinità di piccole e grandi azioni che negli anni si sono sommate e che negli ultimi mesi insieme all’aiuto di alcune persone ci hanno portato finalmente alla pubblicazione del disco con la V4V.
C’è qualche aneddoto particolare legato
alla scrittura di un pezzo dell’ album o ad
un’ esibizione che ricordate con piacere?
La serata a Labaro Rock con Giorgio Canali e un secret concert di qualche anno fa.
Progetti per il futuro?
Suonare e distribuire il nostro disco il più lontano possibile. A differenza del periodo di Ferirsi, che fu un autoproduzione totale e uscì in un momento musicale che non agevolava minimamente musicisti indipendenti, ora questa situazione pare essersi sbloccata e anche etichette più grandi o semplicemente investitori sembrano aver compreso il potenziale di una band che propone musica come la nostra.
Inoltre stiamo realizzando il secondo videoclip che uscirà ad inizio estate e abbiamo già in mente di girarne un terzo entro l’autunno.
Il discorso musica per immagini ci appassiona moltissimo ed è nostro interesse indirizzarci anche verso prodotti audio-visivi.
Scegliete un pezzo di qualsiasi artista che sia stato,
o che sia ancora, importante per voi.
Sarà la nostra Track Of The Day.
Guarda come dondolo.
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